Quando si parla di Ultimo tango a Parigi, un film del 1972, ancora oggi spesso si sentiranno commenti del tipo "è spinto gratuitamente" oppure "non ha nessun senso" oppure "è eccessivo". Dopo 35 anni giudizi simili intaccano ancora in maniera assurda la cornice di un capolavoro indiscusso del cinema italiano e mondiale, nonchè forse il film più trasgressivo, in senso canonico, del nostro paese. Per capire bene questa opera è necessario chiarire quale possa essere l'intento di Bertolucci analizzando infine il modo in cui questo viene sviluppato. Se si pensa alle relazioni di oggi, quelle che nascono e muoiono in una sola notte, sembra quasi di parlare di preveggenza del regista di Parma. Bertolucci in effetti scandaglia il rapporto tra i sessi e ne mette in luce "il lato oscuro" che nel 72, all'apice della rivoluzione sessuale, sempre di più andava palesandosi e che oggi è semplicemente di normale routine. Il sesso, che così prepotentemente sostituisce tutto ciò che ci può essere in una relazione (dialogo, dolcezza e comprensione, ma soprattutto complicità, tanto per citarne alcune)è l'unica dimensione reale della liason tra due sconosciuti che compensano la loro incompatibilità e la solitudine che l'ipocrisia di un quotidiano (grigio o finto rosa che sia) impone, misconoscendo tutte le regole e spogliandosi delle loro maschere sociali. Ma può una relazione nata sul sesso diventare amore con il conseguente palesarsi di tutti i clichè che la realtà, anche sociale, impone? Cioè possono i due amanti riconoscersi con la maschera? La risposta è no, Eros non può che diventare Thanatos. Quando i protagonisti si conosceranno davvero, l'incanto svanirà e la morte (che ha denotazione fisica, ma connotazione puramente metaforica) arriverà come conseguenza inevitabile. Per rendere al meglio questa introspezione non si poteva scegliere un cast più azzeccato. Marlon Brando nella sua autobiografia prima negò di averne capito il senso, ma poi ammise l'impatto distruttivo di questo lavoro sulla sua psiche. Ultimo tango a Parigi esplorò la psiche di questo grande attore facendogli rivivere traumi reali del tormentato passato e permettendo un realismo assoluto in un personaggio, quello del protagonista, che è un vero e proprio vortice distruttivo e autodistruttivo. Marie Schneider è la protagonista perfetta: in questa spirale di amore e morte, la sua ingenuità mascherata da un finto snobbismo da alta borghesia le è cucita estremamente addosso. Bertolucci critica l'amore, elencandone l'eccessiva corruzione subita dalle regole della società borghese, ma mette alla berlina il sesso come forma unica di relazione. In estrema sintesi: da storia del cinema.
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